Selezione dei principali testi critici, articoli e recensioni sull’opera di Claudio Cignatta
Alcuni Artisti, pochissimi in verità, procedono in maniera autonoma, solitaria, emancipata, in un termine, “libera”, grazie alla straordinaria forza del proprio pensiero creativo. Claudio Cignatta è fra questi… Un’arte, quella di Claudio Cignatta, che potremmo definire “duale”, come va di moda dire oggi; ossia una rappresentazione del dualismo eternamente esistente fra ragione ed emozione, fra corpo ed anima, fra Immanente e Trascendente, ma senza soluzione di continuità. E’ come se l’artista stesse a dirci che la pittura è connessione con la natura, il mistero, l’animismo. E’ contatto con sé e con il Sé, rinascita, metamorfosi. Una sorta di proiezione immaginifica dell’universo naturale, umanizzato in rapporto al binomio memoria-emozione, in cui la materia pittorica, archetipo genetico strutturato attraverso un sapiente frottage di di cui fu maestro il pittore surrealista Max Ernst, agisce da illimitato ponte mentale che correla l’essere finito al suo anelito di libertà, alla sua ansia di infinito”.
Giosuè Allegrini
Claudio Cignatta affronta, attraverso la sua opera pittorica, il discorso intenso e sofferto sulla fragilità e sulla caducità dell’esistenza umana; sulla perenne lotta che l’uomo conduce tra il desiderio, mai appagato di infinito, e l’amara costrizione della sua finitezza.
Si potrebbe affermare che il linguaggio pittorico di Cignatta traduca in immagini ciò che il procedimento alchemico effettuava sulla materia prima. Attraverso il sacrificio, il dolore della carne straziata, la morte del corpo, l’uomo si libera di tutto ciò che contamina la sua vera essenza. La trasformazione porta alla consapevolezza dell’esistenza di un altro orizzonte. Forse un paesaggio silente ed evocativo, dai contorni sfumati, ricco di vibrazioni cromatiche, dove l’unico albero che si staglia è elemento di raccordo tra la terra e il cielo. Citando Rilke si direbbe che “Rimane a noi forse un qualche albero là sul versante…” (R.M. Rilke, Elegie Duinesi, Prima Elegia).
Il ductus, a volte ricco di apporti materici e, a volte, ricondotto entro larghe campiture graffiate da solchi e da venature, si accompagna sempre a un grafismo raffinato ed incisivo.
Mirella Gobbi